Energia, le piccole imprese insorgono: “La legge sugli extra-profitti ci sta strozzando”

18 Maggio 2023

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C’è la norma che tassa i guadagni dei colossi energetici, ma un’altra, meno nota, si rivolge alle imprese che hanno installato anche mini-impianti fotovoltaici grazie agli incentivi degli scorsi anni. I megawatt venduti sul mercato, dicono, servono per sopravvivere.

“Ma quali extra-profitti: la vendita di energia elettrica a prezzi maggiorati ci ha consentito di sopravvivere. E ora che lo Stato ce li vuole decurtare, molti di noi rischiano il fallimento”. Gennaro Cilento è titolare di un’azienda agricola nella piana di Sibari, in Calabria. Produce soprattutto agrumi, ma anche albicocche e pesche. Nel 2009 ha co-fondato il primo consorzio di agricoltori che produce fotovoltaico in Calabria. Oggi “i ricavi del fotovoltaico ci hanno consentito di assorbire i rincari altrimenti insostenibili di materie prime, concimi, antiparassitari e manodopera. Ed è proprio questo flusso di denaro che finora ci ha mantenuto a galla”.

La sua storia è quella di molte altre piccole e medie imprese italiane: grazie agli incentivi statali degli scorsi anni migliaia di piccole realtà hanno installato pannelli sui tetti, nei campi, per autoprodursi l’elettricità e rivendere quella in eccesso, contribuendo alla svolta green italiana. Da quando il prezzo dell’energia è andato fuori controllo superando ogni record, anche per questi piccoli imprenditori è iniziata una stagione di profitti inaspettati. Ecco perché sono finiti nel mirino del governo, che per calmierare i prezzi ha deciso di tassare gli extra-profitti dei grandi produttori ma, appunto, anche dei più piccoli che non fanno dell’energia il proprio business primario.

Extra-profitti taglia xs. Cilento e tanti altri imprenditori, non solo agricoli, oggi sono infuriati nei confronti di una legge – la 25 del 2022, che ha convertito il decreto legge 4/2022 – che gli vieta di intascare tutti i proventi dell’energia che vendono sul mercato, obbligandoli a versare una differenza tra prezzo di vendita e un prezzo di riferimento stabilito da un allegato alla norma, che varia a seconda delle zone d’Italia (ad sud per esempio è di 56 euro al kilowatt). “Cosa significa? Che oggi vendo l’energia in eccesso a 11,5 centesimi al kilowattora e, per effetto di questa legge, dovrò versarne 5 allo Stato, dimezzando i miei ricavi e portandoli a quelli di un anno fa” continua Cilento. La norma è temporanea: si applica fino al 31 dicembre 2022 e si applica a tutti gli impianti fotovoltaici che nel passato hanno goduto di incentivi fiscali. Di fatto non è ancora stata applicata: l’autorità di settore Arera deve ancora pubblicare il regolamento che consentirà di applicare la legge.

L’azienda di Cilento fa parte di Aceper, l’Associazione produttori e consumatori di energie rinnovabili. “Per queste imprese, il fotovoltaico rappresenta solo una minima parte del proprio business – spiega a Repubblica la presidente Veronica Pitea – e i ricavi energetici servono, spesso, a coprire le spese di manutenzione. Per alcuni di loro basta che si rompa un inverter perché si azzerino i guadagni di un anno. Pur essendo un business alternativo, a causa dei provvedimenti dello Stato quella voce di bilancio rischia di far chiudere del tutto queste aziende”. Pitea lamenta di aver chiesto più di una volta di parlare con rappresentanti del governo o del Parlamento “ma pare che questo esecutivo ignori del tutto il nostro settore. In un momento in cui le rinnovabili dovrebbero essere la priorità”. Un altro associato di Aceper, un’azienda metalmeccanica piemontese, nel 2012 ha sostituito il tetto in eternit con pannelli fotovoltaici, un piccolo impianto da meno di 100 kilowatt: “Non lo abbiamo mai pensato come un investimento per vendere energia ad altri – spiegano dalla società – per noi è sempre servito per autoprodurci l’elettricità. In un anno incassiamo circa quattromila euro dalla vendita di energia: non è giusto che, dopo anni di prezzi bassissimi, ora che la congiuntura è favorevole lo Stato ci venga a tassare, come per punirci perché abbiamo creduto nell’energia green”.

La protesta del mondo agricolo. L’Italia ha fame di energia, ma da dopo lo scoppio della guerra in Ucraina ha anche bisogno di prodotti agricoli. Grano, olio di girasole, mais. Ed è anche per questo che il mondo degli agricoltori non ha gradito la legge che decurta gli extra-profitti energetici anche ai piccoli produttori. In molti hanno installato pannelli fotovoltaici nei campi, sui tetti di stalle e opifici. Confagricoltura ha inviato una nota ufficiale ad Arera per spiegare come la legge penalizzi “quelle imprese agricole che con grande sforzo hanno diversificato le loro attività introducendo la produzione di energia rinnovabile e partecipando alla costruzione di un sistema energetico nazionale decarbonizzato, oggi strategico per l’intera economia del Paese”. Secondo l’associazione la norma non tiene conto del fatto che i ricavi da fotovoltaico “incidono molto sulla capacità economica dell’azienda stessa”. La richiesta, finora inascoltata, è di escludere perlomeno tutti gli impianti in “scambio sul posto”. Vale a dire quegli impianti in cui viene rivenduta solo l’energia in eccesso, non consumata dall’azienda stessa. In questi casi, quando non c’è più sole (quindi dopo il tramonto) ogni kilowatt consumato dev’essere preso sul mercato, ai costi astronomici che sappiamo. “Così com’è scritta, la legge prevede che di giorno questi impianti rivendano energia a un prezzo calmierato, per poi ricomprarla a prezzo pieno poche ore più tardi” commenta Donato Rotundo, responsabile sviluppo sostenibile e innovazione per Confagricoltura.

“Se potessero vendere l’energia in eccesso ai prezzi di mercato, gli agricoltori potrebbero compensare tutti quegli aumenti cui stiamo assistendo – continua Luca D’Apote, responsabile energia di Coldiretti – energia compresa, che queste aziende devono acquistare nelle ore in cui non la autoproducono”.

Costi di manutenzione raddoppiati. È una situazione diversa, ma non troppo, quella delle piccole società che hanno scelto di fare del proprio business primario la vendita di energia rinnovabile. Alessandro D’Eugenio ha cinque società che producono e vendono elettricità da impianti fotovoltaici (6 megawatt in tutto) sulla costa abruzzese. Ognuna fattura circa 1,5 milioni di euro l’anno. Secondo i calcoli di D’Eugenio, per ogni megawatt il guadagno di 30mila euro si riduce a seimila. Moltiplicato per i 6 megawatt prodotti dalle società messe insieme, l’introito mensile sarebbe di 180mila euro, dei quali 144mila andrebbero allo Stato e 36mila resterebbero nel gruppo. “Fondamentalmente lo Stato si prende i frutti del nostro lavoro. Questa legge sta mettendo a repentaglio la sopravvivenza di centinaia di aziende che fanno energia rinnovabile. Perché i costi di manutenzione sono raddoppiati, ma la remunerazione è inferiore persino a quella del 2019”.

D’Eugenio fa alcuni esempi pratici: il costo dei cavi elettrici è passato da 40 centesimi a 1,20/1,80 euro al metro. Per un impianto di medie dimensioni non è raro effettuare ordini da 10-15 chilometri di cavi. “Siamo arrivati al paradosso: chi mi ha venduto quei cavi, sapendo che non li ho ancora utilizzati, ora mi ha proposto di ricomprarmeli a un prezzo superiore rispetto a quando li avevo acquistati io”, continua.

E ancora: la manutenzione ordinaria di un impianto è passata da 15mila a 20mila euro per ogni megawatt, “ma se c’è da sostituire un pezzo non più in garanzia sono dolori: nel 2021 ho comprato un inverter a 30mila euro. Il produttore, che non me l’ha ancora consegnato perché c’è scarsità di materiali, mi ha detto chiaramente che non può più vendermelo a quel prezzo: ora devo pagare 58mila euro. Una follia. Tutti pensano che la legge sugli extraprofitti colpisca solo i colossi dell’energia e i fondi di investimento, quando sta colpendo soprattutto i piccoli e affossando un settore che dà lavoro a centinaia di migliaia di persone”. Per questo, alcuni operatori del settori paventano la possibilità di uno sciopero: spegnerebbero gli impianti contemporaneamente. Per far capire al Paese a cosa si andrebbe incontro se tutti questi piccoli impianti disseminati lungo lo stivale non producessero più energia.


Scarica qui l’articolo di La Repubblica del 14/06/2022

“Fonte La Repubblica

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